UN VERME… CHE SCHIFO!!!

Ormai la bella stagione ha iniziato a declinare dolcemente verso l’autunno e verso temperature che non tutti gradiranno. Il mare già non è più preso d’assalto, le spiagge stanno lentamente ri-coprendosi di erbe più o meno infestanti e l’acqua non appare così invitante, per immergersi, come qualche settimana fa.
Ma non dobbiamo dimenticare che il mare continua a rifornire abbondantemente la nostra tavola anche in questo periodo. Ed è proprio seduti a tavola che ci possiamo imbattere in un fastidioso abitante del regno marino.

L’Anisakis simplex è un nematode, cioè un parassita vermiforme di dimensioni piuttosto grandi (1-3 cm di lunghezza – visibile ad occhio nudo) che infesta pesci ed invertebrati (tra cui molluschi e crostacei) che può causare malattie gastrointestinali o reazione allergiche IgE mediate (orticaria, angioedema e shock anafilattico) anche gravi.
L’Anisakis adulto vive abitualmente all’interno dell’intestino di mammiferi marini (foche, delfini, balene, etc). Le uova (primo stadio) di questo nematode vengono eliminate con le feci e fecondate in acqua, le larve – secondo stadio – escono dalle uova e vengono ingerite dal primo ospite, rappresentato dal krill (zooplancton, piccoli crostacei di cui si cibano i pesci). All’interno dei pesci, ma anche di seppie e di calamari, le larve mutano al terzo stadio e si ritrovano nel fegato, nell’apparato riproduttivo e nei muscoli (vi migrano dopo la morte dell’ospite marino).
Ora, se il pescato non sarà ben trattato, le larve potranno essere ingerite dall’uomo. Una volta giunte nel nostro stomaco possono o morire e non dare alcuna manifestazione sintomatologica oppure sopravvivere (sono molto resistenti all’acidità delle secrezioni gastriche) e così si manifesteranno i sintomi della patologia di cui stiamo discutendo.
L’infestazione da parte della larva al terzo stadio di questo parassita è chiamata anisakiasi. Riguarda il tratto gastrointestinale ed è provocata dall’ingestione di ‪pesce crudo, poco cotto, affumicato, salato o marinato che ospita al suo interno questo nematode.


Il primo riscontro di questa patologia risale al 1960 in Olanda. Oggi il Giappone da solo presenta il 90% di casi di anisakiasi, a causa del consumo frequente di pesce crudo nella sua cucina, ed ogni anno vengono riportati circa 20.000 casi ufficiali di infestione in tutto il mondo.
La sintomatologia inizia dopo 1-12 ore (ma anche alcune settimane dopo) dall’ingestione del pesce parassitato con nausea, vomito, dolore addominale e lieve aumento della temperatura, tosse se le larve si localizzano a livello dell’orofaringe. Nei casi più gravi possono comparire lesioni erosive ed emorragiche della mucosa e della sottomucosa gastrica con ematemesi, perforazione, formazione di granulomi se la larva non viene rimossa, reazioni allergiche IgE mediate ed ostruzioni dell’intestino tenue.
Il trattamento di elezione è la rimozione endoscopica del parassita, ma soprattutto è importantissimo fare prevenzione: prima di consumare pesce crudo, da mangiare non cotto o da marinare o da affumicare è necessario il suo “abbattimento” in congelatore a -20° per minimo 72 ore (l’OMS raccomanda -23° per 7 giorni), oppure avere l’accortezza di cuocerlo a 70° per alcuni minuti. Ed infine, sarebbe di primaria importanza anche eviscerare il pesce subito dopo averlo pescato per impedire la migrazione delle larve nei muscoli.

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